E' lecito porsi il dubbio se sia possibile aiutare il coniuge sul luogo di lavoro, o se ciò configuri ipotesi sanzionabile di lavoro in nero.
E' il caso di lavoratori autonomi, titolari, ad esempio, di attività di ristorazione o albergatori, che occasionalmente vengono aiutati dai rispettivi coniugi, non loro dipendenti, nello svolgimento di attività riferibili all'attività di impresa.
Circa la configurabilità, o meno, di lavoro nero, è intervenuta recentemente la Corte di Cassazione, affermando un solco giuriprudenziale già percorso, secondo cui, tra persone legate da vincoli di parentela o di affinità, opera una presunzione di gratuità della prestazione lavorativa, che trova la sua fonte nella circostanza che la stessa viene resa normalmente affectionis vel benevolentiae causa.
In altre parole, sussiste la presunzione che tale collaborazione sia a titolo gratuito, in un normale rapporto di collaborazione familiare, con la conseguenza che, per superare tale presunzione, è necessario fornire la prova rigorosa degli elementi tipici della subordinazione, tra i quali, soprattutto, l'assoggettamento al potere direttivo organizzativo altrui e l'onerosità.
Cassazione Civile Sez. Lavoro n. 20904 del 30.09.2020
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